L’antipatico atteggiamento USA verso la normativa tech europea

Oggi si è tenuta l’audizione della Commissione Giustizia della Camera statunitense dal titolo ‘La minaccia dell’Europa alla libertà di parola e all’innovazione americana’.

Sembrerebbe essere l’ultimo tentativo dell’amministrazione Trump contro le normative UE che vogliono tutelare i cittadini europei sulle tecnologie emergenti, in particolare l’AI Act, il Digital Service Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA). 

Già durante quest’ultima estate, il 21 agosto, Andrew Ferguson, presidente della Commissione federale per il commercio (FTC), ha indirizzato alle big tech una lettera in cui le invitava a ignorare tutte le norme europee che potrebbero impattare sulla libertà di parola statunitense: “i governi stranieri rappresentano una minaccia emergente e continua per il libero scambio di idee” aveva dichiarato e sottolineando come “in particolare, ci sono stati numerosi tentativi recenti da parte di governi stranieri di esercitare pressioni sulle vostre aziende affinché censurino i contenuti o riducano la sicurezza per gli utenti dei vostri servizi. Esempi di tali sforzi includono il Digital Services Act (DSA) dell’Unione Europea, che incentiva le aziende tecnologiche a censurare i discorsi, compresi quelli al di fuori dell’Europa; l’Online Safety Act del Regno Unito, che impone alle piattaforme online di ‘proteggere’ i propri utenti dai danni individuando e rimuovendo i ‘contenuti illegali’; e le richieste avanzate dal governo britannico ai sensi dell’Investigatory Powers Act affinché le aziende indeboliscano le loro misure di crittografia per consentire alle forze dell’ordine del Regno Unito di accedere ai dati memorizzati dagli utenti”.

Successivamente, lo stesso presidente USA Donald Trump, il 26 agosto, ci andava giù pesante sul suo social network Truth Social: “in qualità di presidente degli Stati Uniti, terrò testa alle nazioni che attaccano le nostre strepitose aziende tech americane», aveva scritto richiamando esplicitamente il DSA e il DMA: «Avviso tutte le nazioni con tasse digitali, legislazioni, regole e regolamenti che, qualora queste misure discriminatorie non vengano ritirate, in qualità di presidente degli Stati Uniti, imporrò ulteriori tasse consistenti sulle esportazioni di queste nazioni verso gli USA e limiterò le esportazioni nei loro confronti della nostra tecnologia protetta e dei chip”.

Sembra che Trump, avendo perso la partita in casa, voglia ora riacquistare la credibilità della Silicon Valley menando all’estero tramite la consueta minaccia dei dazi. Infatti, come avevamo già pubblicato qui, la sua amministrazione lo scorso luglio ha perso la battaglia della moratoria sull’IA voluta proprio dalle big tech, con lo scopo di istituire un blocco normativo statale IA USA per dieci anni. La moratoria non è stata inserita all’interno del One Big Beautiful Bill Act, la riforma di bilancio dell’amministrazione Trump, approvata così dal senato. La misura non è passata grazie all’emendamento della senatrice repubblicana del Tennessee Marsha Blackburn. Nello stesso mese, poi, il senato ha approvato il Raise Act, un provvedimento dello stato di New York per impedire che i modelli di IA più avanzati, come quelli sviluppati dalle big tech, contribuiscano a scenari disastrosi che potrebbero causare oltre 100 morti o danni superiori a un miliardo di dollari.

Tra gli invitati all’audizione odierna figurano due personalità molto discusse ultimamente e presenti sulla scena globale: Nigel Farage, politico di estrema destra che ha buone possibilità di essere il nuovo Primo Ministro del Regno Unito, e Thierry Breton, ex commissario europeo per il Mercato interno, che due estati fa si era dimesso, guarda caso, dopo aver ammonito Elon Musk in una lettera a rispettare il DSA

Da quando il DMA e il DSA sono stati applicati, l’esecutivo dell’UE ha avviato diverse indagini sulle aziende statunitensi, tra cui Google, Meta e Apple. Nessuna delle indagini basate sul DSA è stata ancora conclusa, mentre alcune sul DMA sì: Apple è stata multata per una cifra di 500 milioni di euro mentre Meta di 200 milioni (quella di Google è ancora in corso).

Henna Virkkunen, commissaria europea per le tecnologie, non invitata formalmente, lunedì ha dichiarato in una lettera che il DSA è “una legislazione sovrana dell’UE” e che si applica a tutte le aziende, indipendentemente dalla loro ubicazione. Ha ribadito inoltre che il DSA “rispetta e sostiene pienamente i diritti fondamentali, compresa la libertà di espressione”, aggiungendo che alcune preoccupazioni, come la protezione dei minori e dei consumatori online, sono condivise anche “oltre Atlantico”. (foto di Jonathan Ardila su Unsplash)

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