Alternative protein 2.0, opportunità in chiave startup

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È mattina presto in allevamento. Le vasche rombano piano, l’acqua è limpida, il responsabile qualità guarda il registro: «Se riuscite a inserire un ingrediente che non si sente e non cambia le performance, parliamone». È qui che le alt-protein 2.0, microalghe e duckweed, smettono di essere laboratorio e diventano business. Nel Mediterraneo la partita si gioca su tre parole semplici: invisibilità (sensoriale), filiere corte, contratti.

Perché adesso (e perchè qui)
Il Mediterraneo è un test-bed naturale: tanta luce, filiere agroalimentari dense, mangimifici e trasformatori a poche ore di strada. Le startup che crescono non raccontano “burger verdi”: parlano di ingredienti e feed che risolvono problemi reali, legare, emulsionare, migliorare profili nutrizionali, senza riscrivere ricette o protocolli. In parallelo, i percorsi regolatori si sono chiariti e i buyer B2B chiedono soluzioni auditabili e standardizzate. Tradotto: meno hype, più fatture.

Tre scenari dal fronte startup
Porto e pipeline
(Portogallo). Team che costruiscono impianti come prodotto: format replicabili, assistenza e training, pilot su specie mediterranee. Non vendono “alghe”: vendono capacità di produrre standard.

Ingredienti “invisibili” (Francia). Startup che combinano coltivazione e processi per ottenere proteine insapori: se il formaggio plant-based non “sa di lago”, le porte si aprono. Il vero asset diventa l’accordo quadro con il trasformatore, non la resa in brochure.

Benchmark duckweed (USA). Chi ha chiuso contratti pluriennali lo ha fatto puntando su neutralità e funzionalità (non “hero product”): lezione utile per l’Europa che sta entrando ora in scala commerciale.

Una storia che non è andata (e cosa abbiamo imparato)

Un pioniere della duckweed ha spento le luci quando il prodotto è rimasto troppo “verde” (sapori/colore), i costi sono saliti e i contratti non sono arrivati in tempo. Morale semplice: neutro > narrativo, contratti > slide, scala modulare > impianto monolite. È una cicatrice utile: ricorda che questo mercato premia chi ascolta i buyer prima di innamorarsi del processo.

Chi compra davvero (e cosa chiede)

  • Mangimifici & acquacoltura: sostituzione parziale di farina di pesce/soia; si compra se performance e qualità restano stabili.
  • Trasformatori food: ingredienti funzionali che non cambino gusto/colore e semplifichino etichette.
  • Pet premium: disponibilità a pagare per claim nutrizionali e filiera pulita.
    La frase che si sente ovunque: «Fateci provare presto, con standard e lotti coerenti».

Spazio: un’ispirazione che rientra a terra

I fotobioreattori pensati per ambienti chiusi (esperimenti spaziali) hanno accelerato soluzioni compatte e automatizzate. Non è fantascienza: quelle idee tornano utili in serra, in tetto, in stabilimento. Progetti “space-like” rendono più semplice l’operatività — e un buyer B2B lo vede subito.

Mini-panorama

  • LEDA (IT): duckweed per feed locali; modello a filiera corta con standard di settore, vocazione mediterranea.
  • AlgaEnergy (ES): soluzioni microalgali per salute animale e pet, rete industriale attiva.
  • A4F/GreenCoLab (PT): piattaforme & pilot su microalghe; impianti replicabili più che one-off.
  • Algama (FR): ingredienti microalgali per categorie “difficili” (condimenti, seafood-alt).
  • Plantible (US, benchmark): RuBisCO da Lemna, contratti multi-anno: valore = funzionalità neutra.

La rotta (come stanno chiudendo i contratti)

Si parte dal cliente, non dal processo. La prima telefonata è con chi compra: si concordano specifiche semplici, formato dell’ingrediente, volumi minimi sensati e come verrà testato. Poi si entra nel capannone: si prepara un lotto coerente (stessa qualità, stessa umidità, stessi documenti) e si propone un pilot breve e pagato, con due o tre metriche scritte in anticipo. La filiera si disegna a poche ore di camion: questo rende gli audit facili e la qualità ripetibile. La compliance non si promette, si porta in dote, schede, tracciabilità, requisiti feed/food già in ordine. Infine si scala per moduli, mai per miracoli: ogni modulo nasce perché c’è un nuovo ordine sul tavolo. Così le proteine blu-verdi smettono di essere un’idea e diventano ricavi.

In una frase

Le alt-protein vincono quando non si vedono ma si vendono. Nel Mediterraneo questo è possibile perché i buyer sono a portata di telefonata e la filiera si costruisce guardandosi negli occhi. Il resto sono dettagli.

Nota per il lettore: l’autore è CEO di Beeco e collabora con fondi di investimento attivi nell’ambito agritech, che potrebbero aver sostenuto o sostenere in futuro alcune delle startup menzionate.

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