Biorsaf, la piattaforma che digitalizza la food safety, “L’automazione è tutto”

Aziende distribuite, normative che cambiano spesso, molti attori da coordinare: la sicurezza alimentare è un mestiere operativo, prima ancora che digitale. Biorsaf nasce proprio lì, “in mezzo” ai processi. «È uno strumento operativo nato dai professionisti della sicurezza, non da una software house generica – dice a Startupbusiness Marco Papalini, CEO e co-fondatore (nella foto insieme al team) – La nostra piattaforma si adatta all’azienda e al consulente, non il contrario: integra persone, macchine e processi e, mentre gestisce le attività, raccoglie i dati per analisi e decisioni».

L’azienda ha chiuso un round da 1,4 milioni di euro: tra i partner Farming Future, polo di trasferimento tecnologico di CDP Venture Capital, Maia Ventures e ToSeed & Partners. «Abbiamo investito per diventare una e-company: integriamo intelligenza artificiale e connessioni con IoT e piattaforme esistenti – spiega Papalini – Nel 2025–2026 vogliamo consolidare il mercato e avviare l’internazionalizzazione tra fine 2026 e 2027; in quella finestra valuteremo anche un nuovo round».

Il contesto aiuta. «La domanda è forte: ci cercano realtà GDO, ristorazione e anche PMI. Il salto utile, oggi, è passare dal cartaceo al digitale: centralizzare siti e procedure, ridurre errori e tempi, misurare i miglioramenti. Lo vediamo ogni giorno».

La promessa è nella semplicità. «È stato complesso renderla semplice: usiamo il linguaggio della sicurezza, quello di chi questo lavoro lo fa davvero. E abbiamo reso Biorsaf versatile e integrabile con gli strumenti già presenti, così non si ripetono i processi due volte». L’altra leva è l’aggiornamento normativo: «La piattaforma si aggiorna automaticamente a nuove norme e procedure. Con l’AI sarà ancora più rapida e affidabile».

Per Papalini la sicurezza non è un silo separato. «I processi di sicurezza non possono stare fuori dai processi produttivi: ne sono parte integrante, sinonimo di qualità. L’integrazione con macchine e sensori permette registrazioni automatiche, meno frizioni, più affidabilità: benefici che si vedono anche nei bilanci di sostenibilità e nella riduzione del rischio per chi gestisce».

Sul perché adesso, il CEO allarga lo sguardo: «La tecnologia, quella buona, serve a migliorare la qualità della vita. In pochi decenni siamo passati dal morire di fame al morire per ciò che mangiamo: alimentazione e sicurezza devono stare alla base. I cicli di innovazione si sono accorciati: la comunità scientifica è pronta e le imprese pure».

Il territorio conta. «Nel grossetano e sull’Amiata abbiamo trovato un ecosistema che ha voglia di innovare. Il supporto di partner come ToSeed & Partners ha accelerato un percorso nato da un’esigenza concreta: nel 2019 cercavamo una soluzione per i nostri clienti e non esisteva. L’abbiamo costruita e, da lì, il passaparola ha fatto il resto».

La regola d’oro resta pragmatica. «Noi diciamo sempre: se non è utile, non prendetela. Per questo offriamo la prova: quando le aziende provano la piattaforma e vedono che funziona, non tornano indietro». E ai fondatori che vogliono costruire una SaaS in questo ambito? «Non do consigli, condivido un metodo: lavoro, dedizione, ostinazione. Partire dalle competenze che si hanno e migliorarle. Un passo alla volta, ogni giorno. È così che si costruisce qualcosa che resta».

Nota per il lettore: l’autore è CEO di Beeco e collabora con fondi di investimento attivi nell’ambito agritech, che potrebbero aver sostenuto o sostenere in futuro alcune delle startup menzionate.

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